L’Ottocento con i ripetuti rivolgimenti, vede la Sicilia con il suo ‘vecchio’ parlamento e i Valli, transitare nel riassetto Duo siciliano della Monarchia ‘amministrativa’ dei Borbone, e Licodia divenire «quartiero» di Paternò seppur con dei servizi delegati.
Ma le nuove intese con i benedettini che incrociano i favori del Trono, portano Licodia ad essere elevato a Comune autonomo il 22 agosto 1840. Gioacchino Di Marzo di S. Maria di Licodia scrive che ha una «… rendita comunale di Ducati duemila e cento […] la cura spirituale appartiene in tutto ai Benedettini […] esiste una scuola […] per giovinetti e per le fanciulle».
Gli elettori sono 129 su una popolazione di c.a. 2300.
Il Decurionato entusiasta delle prime opere pubbliche…, raffigura (descrive) Licodia come una ‘Comune’ salubre, dalle terre fertili e le acque eccellenti, tranne qualche miasma estivo nelle «bassure».
Sottolinea le virtù degli «industriosi gittadini terrini […] seppur da coloni delle terre dei Padri cassinesi». I miglioramenti fondiari intrapresi, le nuove colture intensive avviate come l’agrumicoltura di collina. Il concordato con i benedettini, nel 1845, sugli usi civici, dota il comune di un primo territorio e di confini. Le tensioni sociali che scaturiscono tra le parti sociali della popolazione sui criteri, porta al Fatto Storico degli avvenimenti Criminosi in Santa Maria di Licodia nel mese agosto 1848.
Poi la venuta quale parroco monastico di Giacomo Maggiore, abate scienziato e accademico gioenio, speculare al Dusmet, a sperimentare il risveglio municipalista e testare un modello di prete zelante.
La rivoluzione di maggio del ‘60 che trascende ogni idea altra di unità nazionale, tra patriottismi e repressioni di ‘reazionari’, vede Giuseppe Garibaldi anche a Licodia, consolidare il rapporto con il sodale Salvatore Battaglia (II), tra i protagonisti della “seconda Internazionale”.