Si può dire che S. M. di Licodia insiste nel versante simetino-etneo. Un’area antropizzata e storicamente suffraganea alla città, grazie alle risorse d’acqua, a documentare feconde integrazioni tra i natii e la prima ellenizzazione.
Da Diodoro, Cicerone, Adriano, Antonino Pio, fino ai moderni Fazello, Cluverio, Carrara, Amico e Statella, vi è una quasi unanime convergenza nell’identificare Licodia come Inessa-Aitna, sito oggi ricadente nell’area a confluire con Paternò di Civita-Montalto e Cicero.
Una ‘verità’ controversa ma che ritroviamo nelle cronache ‘moderne’.
Il vescovo Ottavio Branciforti nella Relazione «ad Limina» del 1640 scrive « … fra il monte Etna e Paternò sorgeva Inessa […] oggi chiamata ‘civita’, quantunque altri qui tendono si tratti di Ibla Major […]. C’è a Licodia un celebre monastero di benedettini un tempo famoso, oggi vi abitano pochi monaci, gli altri con le rendite sono stati trasferiti al monastero di San Nicola di Catania».
Ignazio di Biscari, da conservatore delle antichità del regno, nel 1779 annota, «sul fiume Simeto […] ecco la piccola abitazione di Licodia feudo dei PP. Benedettini di Santa Maria di Licodia e San Nicolò l’Arena ove esiste ancora l’antico lor monastero […] l’antico edificio, il capo dei grandissimi acquedotti che conducevano […] in Catania».
Sulla necessità del suo restauro, aggiunge «molto più che di continuo ivi risiedono monaci illuminati e dotti».
I viaggiatori scientisti del Gran Tour come Wolfgang Sartorius von Walterschausen – figlioccio di Goethe tra i “chierici vaganti di Gauss” – nel suo Der Aetna richiama più volte a Licodia.
Gli accenti urbanistico-paesaggistici di Marie-Joseph de Foreste e di Jannette Power, biologa marina, che nel 1842, concorda nel definire Licodia «sito notabile e […] pittoresco».